giovedì 26 settembre 2013

Lupus et Agnus

Ci siamo. Il grande gioco del Domino sta arrivando rapidamente alla sua conclusione.
La prima a cadere è stata la testa di Carlo Buttarelli, comandante generale della Polizia Municipale. 

Carlo Buttarelli
 Con lui si è rodata la tecnica del "lupus et agnus", quella, cioè, di utilizzare (palesi quanto inverosimili o leggere) accuse per ottenere prima le dimissioni del vertice nel mirino e poi la possibilità di metterci le mani sopra.Esattamente quello che, nella favoletta di Esopo, faceva il lupo con l'agnello: lo accusava di inquinargli l'acqua anche se il povero ovino beveva a valle del lupo. Una scusa buona per il lupo che giustificava l'aggressione e il successivo "fiero pasto".

Ferinamente e scientemente anche nel caso delle Municipalizzate - e, pur non essendo il Corpo dei Vigili una Municipalizzata, esso ha la stessa valenza strategica di Acea, Ama, Atac o altre - la Giunta Marino utilizza la stessa tecnica.
Dopo Buttarelli è toccato a Diacetti, giovane ma agguerrito manager, chiamato da Alemanno alla guida di Atac pochi mesi prima delle elezioni comunali.

Per Buttarelli la scusa fu data da 48 ore di rallentamenti - ingiustificati, secondo il Sindaco - nell'organizzare e far partire i controlli (fantasma) antiabusivismo in cinque piazza romane. Buttarelli voleva organizzare le cose a puntino e avere la certezza che i soldi promessi per gli straordinari dei Vigili fossero reali e non solo pezzi di carta.
Viste le polemiche, aveva ragione da vendere il povero ex Comandante: i controlli sono stati un fuoco di paglia costoso ma ancora da pagare. E i Vigili sono sul piede di guerra.

Per Diacetti furono non specifiche "inefficienze" di Atac.


Enrico Diacetti

Che Atac sia inefficiente è cosa nota dai tempi di Papa Borgia. Usare questa come scusa per la rimozione è più ridicolo che altro.
Diacetti se ne andò con signorilità e Marino ha potuto mettere i suoi manager al comando.
Dato che il servizio non è migliorato - se non per l'arrivo (scaglionato) dei 399 nuovi bus, quelli rossi, acquistati però da Alemanno - ma, a giudicare dalle lettere dei lettori pubblicate sui vari quotidiani è addirittura peggiorato, appare chiaro che la manovra è servita al Sindaco, o meglio ai partiti che lo sostengono, per rimettere in piedi il carrozzone di controllo sull'azienda.
E, questo si vedrà con più chiarezza fra qualche giorno, quando arriveranno i nuovi "supermanager" targati PD e SeL.

Piergiorgio Benvenuti
Poi è il turno di Ama. Qui la cosa è un po' più complicata. Ghigliottinare Piergiorgio Benvenuti, di area Fratelli d'Italia, dopo che Marino ha elogiato la Meloni e i suoi come "la destra che vorrei" sarebbe un'operazione di difficile gestione politica e di immagine. Quindi, meglio concentrarsi su Franco Panzironi, che guida la Multiservizi, una controllata Ama, dando così soddisfazione a quel "pierino" di Athos De Luca che ne ha fatto, ormai una questione personale, visto che Panzironi è realmente "l'uomo di Alemanno".
Franco Panzironi
Tuttavia, da un punto di vista giuridico, la vicenda è intricata e il rischio è quello di precipitare le cose per accelerarle e poi ritrovarsi fra qualche mese con una sentenza contraria del Tar o di qualche giudice che obblighi a reintegrare il "ragionier Franco".

 
Poi è stato il turno di Assicurazioni di Roma.
Per chi non lo sapesse, Assicurazioni di Roma è la "piccola cassaforte" del consenso e del controllo interno dei 19mila circa dipendenti dell'Azienda Comune di Roma. In sostanza, si occupa di gestire le varie assicurazioni (vita, auto, casa, etc etc) dei dipendenti capitolini; organizza attività simili al Cral e, quindi, è una macchina di consenso. Anche perché se ti si mettono contro i dipendenti capitolini sono guai: hai voglia a fare delibere, resteranno di fatto tutte sulla carta.
Assicurazioni di Roma è sempre stata molto nell'ombra: da sempre viene gestita con metodi clientelari e i sindaci vi hanno messo mano in modo riservato e discreto.
Il primo a rompere questa tradizione è stato Alemanno: l'ha commissariata, generando le vibranti proteste del PD che ne h visto un atto di lesa maestà. Svariati ricorsi del management uscente, però, sono stati respinti confermando la legittimità degli atti di Alemanno.
I bilanci sono tornati bene o male in attivo ma Marino vi ha visto una mala gestio e quindi ha commissariato il commissario. Insomma, vi ha rimesso le mani sopra. In questo caso con estremo gaudio del PD che, finalmente, è tornato a controllare una bella leva di potere.

Questo, però, è un gioco del Domino: Vigili, Atac, Ama e AdR sono le prime tessere, solo le prime tessere di questa vicenda.

L'obiettivo vero - come già scritto un po' di tempo fa, suscitando gli sciocchi quanto ilari commenti di qualche benpensante dell'Ufficio Stampa di Marino - è quello di mettere la mani sulle due casseforti romane: Acea e Camera di Commercio.
 
 
Sono queste due realtà quelle che producono denaro, denaro al quale attingere per organizzare la qualsiasi.
Entrambe sono presiedute da Giancarlo Cremonesi, manager di grande trasversalità politica e imprenditoriale, ma certamente non assimilabile alle realtà più strettamente piddine e men che mai di SeL.
Da qualche giorno il povero Giancarlo è sotto attacco in Camera di Commercio. Ufficialmente Marino (e Zingaretti interessato forse più del Sindaco a mettere le mani su Acea) sta alla finestra non avendo potere diretto.
L'accusa?
Giancarlo Cremonesi
Non aver rispettato un "patto della crostata" per il quale lui avrebbe dovuto passare la mano a Lorenzo Tagliavanti, storico capo della CNA, e uomo forte della sinistra nel mondo economico.
Non esistono meccanismi di sfiducia e Marino non ha la forza per imporre a Cremonesi le dimissioni.
Vi sono solo due strade: un assedio interno  per logoramento e una trattativa esterna per convincimento.
Quindi, Tagliavanti e tutta l'ala piddina, hanno dato vita a un raggruppamento di imprese (piccolissime, piccole e medie) che cerca di minare dall'interno la posizione di Cremonesi per renderne meno salda la gestione. Contemporaneamente, è partito il pressing (molto ben sostenuto da Corriere e Repubblica) per assediare la posizione di Cremonesi. E non tarderanno ad arrivare, da Palazzo Senatorio, quelle "offerte che non si possono rifiutare" per convincere un cremonesi Cremonesi indebolito dopo questo logoramento (così sperano in Campidoglio) a mollare l'osso.

E oggi è partito anche l'assalto ad Acea. Manovra a tenaglia, questa, contro Cremonesi: anche qui, l'accusa è ridicola: le bollette pazze che creano problemi. Le bollette pazze esistono da sempre. Usarle come un "piede di porco" rende però bene l'idea di quanto siano fasulle e strumentali le accuse.
Ma la chiave di lettura è un'altra: se Marino e il Campidoglio attaccano Cremonesi come Acea (cosa in loro potere) ne smuovono la credibilità manageriale anche come Camera di Commercio.
Parafrasando un vecchio adagio... colpirne uno per educarne cento... Qui se ne colpisce uno per prenderne due, di posizioni: quella di guida di Acea e quella in Camera di Commercio.
Così, oltre che mettere finalmente le mani sulle due casseforti, Marino ottenere un terzo (e anche un quarto) risultato da non sottovalutare: sedersi al tavolo delle trattative con Caltagirone con in mano un po' di atout e non di scartine.
Acea, infatti - lo ricordiamo - è una società mista pubblico privato in cui  il socio di maggioranza è il Comune ma il socio di minoranza più importante è Caltagirone, l'editore del Messaggero. Avere in mano una leva di minaccia (oltre quella dell'Urbanistica) può sempre essere utile per ricondurre in un alveo più delicato il Messaggero, oggi la voce più importante dell'informazione non asservita.
Infine, ultimo risultato, tranquillizzare l'ala pubblica della sua riottosa maggioranza: controllare Acea significa dire a PD e SeL che l'acqua resta pubblica e che quando si arriverà alla creazione della holding capitolina per la gestione di tutte le municipalizzate, non ci sarà il rischio di vedere privatizzata l'acqua.
 

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