giovedì 27 agosto 2020

GUERRA NEL PARCO NAZIONALE D’ABRUZZO


Sei sentieri riaperti su 73 non bastano ad evitare la guerra estiva (semi)fredda nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise fra il direttore, Luciano Sammarone, e una fetta di operatori dei vari settori legati al turismo di montagna: cavalli, bikers, fotografi e anche padroni di cani.  
A scatenare la contesa una serie di ordinanze emanate da Sammarone che hanno, secondo l’accusa, bloccato l’accesso in molti sentieri del parco senza tenere in considerazione né le tradizioni né l’economia della zona che vive principalmente di turismo: nella sola Pescasseroli, “capitale” del Parco, stando a quanto affermano gli albergatori, ci sono 35mila posti letto e un indotto annuale pari a circa 100 milioni di euro. 
Il direttore del Parco ed ex comandante dell’allora Forestale (oggi Carabinieri Forestali), Sammarone, il 27 luglio emana una prima ordinanza con cui vieta su 73 sentieri l’accesso ai cani, cavalli e mountain bike. Apriti cielo: dopo il Covid, quando l’economia sembra riprendere e le varie città e paesi del Parco pieni anche grazie agli orsi che girano per le strade, arriva questo blocco.
Non si tratta - spiega Sammarone - di essere integralisti ma io devo proteggere la fauna: i cani vaccinati possono trasmettere con le feci malattie mortali agli animali selvaggi non vaccinati. Le biciclette stanno distruggendo i sentieri e i cavalli disturbano la vita di orsi, cervi, camosci, lupi e uccelli. E i divieti valgono solo per i sentieri che attraversano le aree di massima protezione”.
Gli operatori turistici, però, non ci stanno e preparano un ricorso al Tar: “Ci viene impedito anche di andare a funghi o raccogliere legna - spiega Silvano Di Pirro rifacendosi agli usi civici - e questo è un provvedimento calato dall’alto che non tiene conto delle esigenze di chi nel parco ci è nato e ci vive”.
Ma quale calato dall’alto: l’iter di questa ordinanza è lungo tre anni”, ribatte Sammarone che, però, compie un passo verso gli operatori e il 13 agosto riapre sei sentieri disciplinando meglio i divieti e obblighi per i fotografi. Un passo che, alla fine, non soddisfa gli operatori ma potrebbe eliminare il rischio del ricorso al Tar.

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