Due giorni fa ha firmato una lettera durissima: un lucido atto di accusa all’inerzia del Campidoglio verso Ama. Le dimissioni di Luisa Melara, avvocato chiamato dal sindaco di Roma, Virginia Raggi, a guidare Ama il 7 giugno scorso “dopo una selezione pubblica” e del suo CdA sono riuscite a fare molto più chiasso di quelle, pur rumorose, del suo predecessore, Lorenzo Bagnacani.
Avvocato Melara, lunedì lei ha scritto al Campidoglio proponendo il rinvio della seduta dell’Assemblea dei soci a dopo la conclusione dell’analisi sui conti. Poi, martedì, gli eventi sono precipitati. Cosa è successo?
“Noi abbiamo assistito dai primi giorni di settembre a un progressivo isolamento del CdA nonostante le reiterate richieste di interlocuzione con il Campidoglio. Questo ci ha fatto prendere atto ad un certo punto che non c’erano più le condizioni per rimanere”.
Insomma vi è mancata la protezione del Campidoglio.
“Non ci siamo sentiti sufficientemente protetti e compresi nelle nostre reali e autentiche intenzioni”.
Veniamo al problema dei bilanci. In Campidoglio ritengono di essere nel giusto.
“Premesso che la storia dei 18,3 milioni di euro sui servizi cimiteriali sono del tutto irrilevanti nella globalità del bilancio Ama e che non è questa la ragione della rottura ma la fine del rapporto fiduciario, il bilancio 2016 approvato dal Comune aveva ratificato quel credito. Approvato sempre dalla Giunta Raggi”.
In Campidoglio viene citata la delibera di Giunta 21 del 2019 come dirimente sulla questione.
“Leggiamo il deliberato: il Comune delibera di avviare una “due diligence” sui conti per i “servizi cimiteriali, che qualifichi e certifichi, sia sotto il profilo giuridico, sia sotto quello economico” le “partite creditorie/debitorie”.
E la due diligence?
“Il Comune non l’ha mai iniziata. Se il Comune ha sentito il bisogno di verificare come stanno le cose, come posso io, con un tratto di penna, eliminare queste poste di bilancio? Poi la nostra bozza di bilancio ha superato il vaglio della società di revisione (la Ernst&Young, ndr) e del Collegio Sindacale che, nella conclusione della sua relazione, esorta il Socio all’approvazione del bilancio”.
Secondo lei, il Campidoglio sta cercando di “alleggerire” Ama per accorparla con Acea?
“Abbiamo parlato molto, almeno all’inizio, con il sindaco Raggi e l’assessore Lemmetti e non ci è stato mai prospettata questa idea”.
Nella vostra lettera di dimissioni, lamentate l’impossibilità di parlare con il Sindaco.
“L’ultima volta che ho parlato con la Raggi era fine luglio, inizio agosto”.
Forse 104 giorni sono pochi, ma la vostra esperienza quale soluzione vi suggerisce per risolvere il problema rifiuti?
“A Londra ci sono 4 inceneritori, 5 impianti di compostaggio, 10 TMB e 2 discariche. Qui servono impianti di servizio, di trattamento e di destino, necessari a chiudere il ciclo dei rifiuti. A fronte di una emergenza strutturale, è necessario un Piano Marshall che con provvedimenti straordinari metta in sicurezza il ciclo dei rifiuti e consenta ad Ama di poter gestire la propria attività in modo sostenibile a livello ambientale ed economico”.
È un commissario?
“Assolutamente no. Noi abbiamo indicato un piano operativo a breve termine che identifica gli strumenti che normalizzi il ciclo dei rifiuti”.
Le è mancato non avere un assessore di riferimento?
“No. Ho letto nel Sindaco la volontà di risolvere il problema. Il cortocircuito è sul come”.
Lei ha sottoposto al Sindaco le sue idee sulla necessità di creare impianti a Roma?
“Questi aspetti sono stati rappresentati”.
E la risposta qual è stata?
“Il problema è il come. Il Sindaco rappresenta un’idea politica e come tale deve contemperare diversi interessi. A volte non si riesce a fare la sintesi in tempi veloci”
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