giovedì 5 settembre 2019

UN FIUME DI DEGRADO, ECCO LA PIENA DEL TEVERE




È il refrain di ogni candidato Sindaco da quando a Roma non c’è più Monsignor Governatore: la navigabilità del Tevere è una chiacchiera buona sempre per riempire le pagine dei programmi elettorali ma, alla fine, di pratico c’è poco o nulla.
L’ultimo tentativo, in ordine di tempo, è quello di Tiberis. Che non è - come il Sindaco di Roma continua erroneamente a propagandarla - una spiaggia, visto che di spiaggia vera e propria ha poco o nulla, ma un parco fluviale. Piccolo e concentrato e frutto non tanto dell’azione dell’Amministrazione comunale quanto del lavoro dei volontari della Onlus Agenda Tevere.
Altre due speranze, lontana la prima, remota la seconda, arrivano da Roma e Lazio. Perché entrambe le società calcistiche, nell’ambito dei loro progetti di creazione del relativo impianto di proprietà, hanno un “paragrafo” che riguarda la navigabilità del fiume. La Roma - il cui progetto è in attesa della risposta della Regione Lazio all’ultimo quesito - prevede la creazione di due approdi sul Fiume, uno a monte e uno a valle dello Stadio. L’idea è quella di utilizzare questi approdi per far affluire materiali da costruzione durante l’edificazione dell’impianto di Tor di Valle e poi usare le banchine anche per portare i tifosi. Per la Lazio - che di progetti non ne ha ancora depositati e quindi ci si basa sulla bozza del lontano 2005 - si parlava genericamente di un utilizzo di barche per portare i tifosi. In entrambi i casi, però, stando ai progetti, Roma e Lazio si sarebbero preoccupate di creare l’infrastruttura, cioè banchine, moli, bitte, ma certo non di gestire un sistema di navigazione.
Che, di fatto, c’è e non c’è. Esistono delle società che, oggi, effettuano giri turistici in battello. Ma il fiume non è certo navigabile completamente. Al massimo, si parte da zona Prati/San Pietro e ci si ferma all’Isola Tiberina, anzi, poco prima dell’isola vera e propria. 
Seconda tratta, si parte da Ponte Marconi e si può arrivare alla foce. E se il primo giro turistico, in qualche modo, si avvicina al fascino dei bateaux mouches parigini, consentendo di guardare i palazzi della Roma umbertina da una visuale insolita, il secondo, quello verso la foce, è decisamente più naturalistico e molto archeologico, visto che conduce anche a Ostia Antica e alle sue rovine. 
In realtà, poi, la bellezza architettonica e lo splendore naturalistico scemano rapidamente quando si percorrono con lo sguardo le sponde del Biondo: sì, lungo i muraglioni dei Piemontesi, quei muraglioni che impediscono al Tevere di allagare Roma, sono state create le piste ciclabili. Ma sono più sprazzi di ciclabilità intervalli fra vegetazione lussureggiante che una vera e propria pista. Quando, poi, le bici non transitano in mezzo o a margine di qualche accampamento abusivo: fra alberi e canneti, in radure di fortuna o sotto i ponti, le sponde del Tevere raccolgono una gran quantità di ultimi, di disperati, di senza fissa dimora o di immigrati. E spuntano un po’ ovunque piccole baracche fatte di stracci e materiali di recupero dentro cui vive una varia umanità. Fino a che non arriva una piena e allora si vede il Tevere percorso dalle barche della Polizia alla ricerca dei disperati da far allontanare prima che l’acqua porti via tutto e tutti. E la piena che passa lascia impigliati i rifiuti dell’inciviltà di romani e turisti: dai sacchetti di plastica agli elettrodomestici. In attesa delle prossime promesse della campagna elettorale sulla navigabilità e il recupero del Fiume.


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