La parola d’ordine per la Roma è “fare presto”: chiudere tutti gli accordi con il Campidoglio necessari ad andare in Aula Giulio Cesare per votare la variante e la convenzione urbanistica sul progetto dello Stadio di Tor di Valle prima che la situazione politica romana possa mutare.
La data per il possibile stravolgimento di assetti ed equilibri politici in Comune è già fissata per il 26 maggio, giorno in cui si voterà in Italia per le elezioni europee.
I due risultati ultimi conseguiti dai grillini - la sonora sconfitta in Abruzzo dove a marzo 2017 i 5Stelle avevano registrato punte del 43% e a febbraio 2018 s’erano fermati a un mesto 20%; e il tracollo in Sardegna con la perdita del 77% dei consensi in meno di un anno - non lasciano tranquilli dalle parti dell’Eur (nuova sede giallorossa). A questo si somma la pessima prova data dai grillini in Aula durante il Consiglio straordinario dello scorso 21 febbraio: nessun documento presentato, molti voti mancanti all’appello.
Il timore è quello che alle europee a Roma città i grillini possano franare allontanandosi in maniera pesante a quel 35% abbondante segnato dal Movimento al primo turno delle comunali 2016.
Una discesa sotto quota 25% sarebbe già un tracollo: più ci si dovesse allontanare da quota 25 e più sarebbe un crollo. Il timore è che un rovescio pesante dei 5Stelle possa mettere la Raggi e la sua Giunta sulla graticola aprendo la strada a un biennio travagliato senza che il Sindaco abbia più la forza di tenere a bada i suoi consiglieri riottosi e portare in votazione gli atti dello Stadio.
La Roma sa di avere una corazzata mediatica immensamente più forte rispetto alla pur ben organizzata macchina propagandistica grillina: una sola volta la “cannoniera” giallorossa è stata messa in movimento - il “famostostadio” di Spalletti e Totti - e con una tale forza che la miglior testimonianza dell’impatto sul Campidoglio a trazione grillina viene consegnata dal verbale di dichiarazioni rese dall’ex assessore all’Urbanistica della Giunta Raggi, Paolo Berdini, ai pubblici ministeri dell’Inchiesta Rinascimento, Paolo Ielo e Barbara Zuin: “Una domenica - si legge - il giocatore della Roma Francesco Totti rese pubblicamente una dichiarazione di esortazione alla realizzazione dello stadio. La sera stessa, il vice Sindaco Bergamo mi telefonò rappresentandomi la necessità di cercare una mediazione con la Roma, per confermare la dichiarazione di pubblico interesse del Nuovo stadio”.
Fino a oggi, tuttavia, la Roma ha mantenuto un profilo basso, rimanendo costantemente al di fuori delle beghe politiche e disinteressandosi in modo fin troppo affettato anche del tempestoso iter della relazione del Politecnico di Torino sulla viabilità e limitandosi a ricordare le conseguenze giuridiche dell’esito positivo della Conferenza di Servizi del dicembre 2017.
Ancora in queste settimane, si sono registrate nuove riunioni tecniche in Campidoglio divenute un appuntamento fisso. Senza che, però, si intraveda una reale soluzione negoziata: il nodo è sempre quello del rispetto delle decisioni della Conferenza di Servizio. Solo che il Campidoglio le interpreta in un modo e la Roma nel senso opposto. Come la storia dell’adeguamento e unificazione della via del Mare/Ostiense. Il Campidoglio cerca - come è naturale - di tirar acqua al proprio mulino chiedendo una modifica progettuale sostanziale (esproprio e abbattimento di manufatti che separano le due carreggiate) che non è prevista nel progetto iniziale e che alla Roma costerebbe una maggiorazione di ventina di milioni di euro più i rischi connessi con le tempistiche per gli espropri.
Questo muro contro muro - ragionano però in casa Roma - dovrà finire: per la Raggi è necessario come non mai far leva sui sentimenti dei tifosi per le europee ma per la Roma serve per portare a casa tutto prima del voto ed evitare le trappole del dopo.
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