Ori olimpici, podi mondiali, atleti di punta delle nazionali, collare d’oro del Coni e medaglie al merito sportivo ma, anche e soprattutto, lo sport come elemento elemento di socializzazione tanto per i disabili quanto per i normodotati: per il Campidoglio nulla di tutto questo conta. Contano solo fredde e irreali tabelle economiche. E così, a marzo, Roma rischia di perdere la polisportiva Lazio Nuoto che da 33 anni è un punto di riferimento di Garbatella e San Paolo.
È uno degli effetti collaterali della riforma 5Stelle degli impianti sportivi comunali. Tutto a bando di gara con l’obiettivo di rendere produttivi le palestre e le piscine comunali. Dimenticando che lì si produce sport e socializzazione più che soldi.
Giovedì 17 gennaio l’assessorato allo Sport, guidato da Daniele Frongia, ha pubblicato il bando di gara per “l’affidamento in concessione del servizio di gestione dell’impianto sportivo capitolino per il nuoto sito in Roma, via Villa di Lucina 80/Via Giustiniano Imperatore, 199”, la piscina (25 metri per 6 corsie) e la piccola palestra della storica Polisportiva Lazio Nuoto.
Spiega Massimo Moroli, presidente della Polisportiva: “A settembre è scaduta la concessione che avevamo con il Comune. Abbiamo iniziato le procedure per chiedere la proroga ma non abbiamo avuto modo di concluderle così velocemente come ha fatto il Comune a indire il bando”.
In pratica, per avere la proroga della concessione, la Polisportiva avrebbe dovuto presentare un progetto di adeguamento o manutenzione economicamente impegnativo ma il bando è arrivato decisamente in fretta prima che mutui e disegni fossero pronti.
Bando che prevede di affidare per 6 anni la concessione della gestione della piscina per un canone totale di 76mila euro, pari a poco più di 12mila e 600 euro annui. Solo che basta scorrere le tabelle che il Comune stesso ha predisposto per rendersi conto dell’astrattezza del conto economico (e della sua scarsa sostenibilità).
Per il primo anno, per il Campidoglio, la piscina avrebbe 580 iscritti, 377mila euro scarsi di uscite, fra tasse, spese per il personale, ammortamenti di materiali, utenze; e poco meno di 390mila euro di entrate. Guadagno mensile: 1.078 euro.
Per il secondo e terzo anno, invece, le cose migliorano, secondo i tecnici comunali: gli iscritti diventano 600, niente più ammortamenti, spese che scendono a 353mila euro annui e ricavi che salgono a 402mila euro annui, con un utile di 4.100 euro al mese.
Quarto anno, ancora meglio: 630 iscritti, 363mila euro di uscite e 422mila euro di entrate, con utile mensile di quasi 5mila euro.
Penultimo anno di concessione: iscritti a 710, spese a 400mila euro, ricavi a 475mila (6200 al mese).
Infine, il sesto e ultimo anno: gli iscritti sono saliti a 750, le spese a 411mila euro e i ricavi a 502mila con un utile superiore a 7.500 euro al mese.
Certo, c’è da sperare che non aumenti mai nessuna tassa, tipo l’Iva! Che gli iscritti salgano con progressione geometrica, che non si guastino macchinari o attrezzature della piscina. Insomma, che vada tutto liscio come l’olio.
Come sa bene chiunque abbia un’attività, un quadro simile è un libro dei sogni.
Non bastasse questo quadro - che è quello che, poi, alla fine, determina il costo del canone di concessione - la visione ragionieristica dell’Amministrazione 5Stelle attribuisce fino a un massimo di 30 punti su 100 alla sola offerta economica. Insomma, il 30% del punteggio rischia di vederselo assegnato non una “polisportiva del territorio” ma un franchising industriale di palestre e piscine, di quelli che producono luoghi tutti uguali e tutti allo stesso modo anonimi.
“Noi parteciperemo al bando - aggiunge Moroli - ma certo consapevoli dei nostri limiti: o riduciamo la qualità dell’impegno”, poi si ferma.
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