giovedì 26 luglio 2018

CASA DELLE DONNE, LA CHIUSURA SI AVVICINA


Per la Casa Internazionale delle Donne si avvicina velocemente la tempesta. L’Associazione che tutela le donne in difficoltà ha reso noto che il Campidoglio ha respinto tutte le proposte che, nelle scorse settimane, erano state avanzate per risolvere il problema pagamenti. 
La vicenda è tutto sommato semplice: il Campidoglio, a novembre scorso, invia alla Casa una richiesta di arretrati per 880 mila euro. La Casa i soldi non li ha, ovviamente, ma chiede di decurtare dalla cifra iniziale i fondi spesi per la sede del Convento del Buon Pastore. Intanto, a maggio scorso, mentre sono in corso le trattative, la consigliera grillina, Gemma Guerrini (la stessa del capolavoro del Cinema America) presenta, prima firmataria, una mozione con cui si chiede che Sindaco e Giunta si impegnino per mandare a bando le attività della Casa “riallineata alle moderne esigenze dell’Amministrazione capitolina”. 
In mezzo a questo scontro, ci si fionda anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che annuncia la volontà di dichiarare la Casa “sito di notevole interesse pubblico”, un atto esclusivamente politico che non sposta di un centimetro il problema: la mistica grillina del mettere tutto a bando di gara mette a rischio la Casa delle Donne la cui storia sfiora il mezzo secolo. A inizio ottobre 1973 un gruppo di donne appartenenti ai vari movimenti femministi dell’epoca, occupò Palazzo Nardini (quello salito alla ribalta in questi giorni per l’apposizione di un vincolo da parte della Soprintendenza che rende inalienabile l’edificio) trasformandolo in una casa di accoglienza per donne in difficoltà. Nel 1985, dopo una lunghissima trattativa, l’allora sindaco di Roma, Nicola Singorello (DC) assegnò alla Casa un’ala del Convento del Buon Pastore a via della Lungara, un edificio del 1600 che aveva ospitato prima donne “peccatrici” per poi trasformarsi, a metà ottocento, in un carcere femminile e in un asilo per bambine “da proteggere”. Nel 2001, poi Veltroni consegna ufficialmente l’edificio ai gruppi che costituiscono oggi la Casa e che offrono alle donne consulenza legale, assistenza psicologica, medica e consulenza del lavoro, servizi per bambini. 
A questo punto le strade iniziano a essere poche, strette e disagevoli. Dopo aver respinto tutte le proposte avanzate dalla Casa, “L’assessora Rosalba Castiglione -  scrivono in un comunicato le esponenti del Direttivo – ci ha annunciato la revoca immediata della Convenzione che regola il rapporto fra la Casa internazionale delle donne e Roma Capitale”. 
Se non è un preludio di sfratto, ci somiglia molto. Difficile pensare che l’Amministrazione 5Stelle armi tutto questo contenzioso per poi limitarsi a fermarsi alla revoca della convenzione. E amici come prima. Anche perché le passate prese di posizione dell’Amministrazione, sintetizzate proprio dalla Mozione Guerrini di maggio scorso, fanno chiaramente trasparire la visione ragioneristica del problema.   
Ovviamente, annuncia la presidente della Casa, Francesca Romana Koch, “faremo opposizione a tutto campo. Non possiamo non rilevare che l’annuncio della revoca della Convenzione avviene alla vigilia di agosto, nella peggiore tradizione di ogni vertenza pubblica e privata nel nostro paese. La Casa Internazionale delle donne e tutte le attività e servizi che al Buon Pastore vengono erogati rischiano la chiusura a causa di questo ulteriore incomprensibile attacco della giunta Capitolina al femminismo e alla vita associata a Roma”. 
L’idea che anima il Direttivo è che il Campidoglio, proprio come avvenuto per il Cinema America, prima osteggiato poi, alla fine, vittorioso nel confronto con la Giunta Raggi e la consigliera Guerrini, comprenda che una escalation di tensione su questo campo non convenga a nessuna delle parti e che, quindi, si riesca a giungere a un accordo. “Noi - spiega ancora la Koch - abbiamo proposto una transazione che chiuda definitivamente la questione del debito”. 
In serata arriva anche la voce del Comune: le fatture presentate dalla Casa (300mila euro) “non pertinenti” né si può ribassare il canone di affitto, già al minimo. Il Comune ha avanzato proposte (una garanzia bancaria per il rientro del debito e lo spostamento di alcuni servizi erogati nelle periferie) bocciate dalla Casa. In mancanza di soluzioni, la concessione sarà revocata d’ufficio pur rimanendo “in attesa di una proposta di transazione”.


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