mercoledì 20 dicembre 2017

VIRGINIA RAGGI: "NON MI RICANDIDERÒ"


"In base alla regola dei due mandati direi di no. La regola è chiara, ce la siamo data noi”. 
Il convitato di pietra è il terzo mandato, quello cui, per le regole interne pentastellate, nessun grillino può aspirare. Due mandati e poi a casa. E poco importa se i due mandati sono ricoperti con ruoli diversi, uno consigliere e uno Sindaco, e, magari, se il primo non è stato portato a termine per dimissioni anticipate dell’Assemblea. Due mandati e non uno di più. Anche per Virginia Raggi che, sorriso aperto, risponde alle domande dei cronisti sul caso Fucci - il sindaco di Pomezia, attuale vice della Raggi alla Città Metropolitana, che ha annunciato la sua volontà di correre per il terzo mandato, se necessario, anche da solo. “In base alla regola dei due mandati direi di no. La regola è chiara, ce la siamo data noi”, ha risposto la Raggi che ha aggiunto con uno sprazzo di lucidità: “Già arrivare viva alla fine di questo mandato sarà un grandissimo successo”, dice ancora, probabilmente riferendosi anche all’inchiesta che la vede a giudizio per falso con l'udienza preliminare fissata per il 9 gennaio.
Fare il Sindaco, specie a Roma, logora. Basta guardare le fotografie del giorno dell’insediamento e del giorno dell’addio: Veltroni e Alemanno, due facce diverse. Anche Ignazio Marino - il primo esponente del pensiero debole a candidarsi, “Io tra cinque anni non ne voglio più sapere”, disse il 17 maggio 2013, in campagna elettorale, incontrando alcuni imprenditori della Tiburtina Valley - pur durando solo metà mandato, subì il peso della fascia tricolore. 
E Virginia Raggi non fa certo eccezione: funivia, Povero Tristo l’altr’anno e Spelacchio questo Natale; tombini, alberi e foglie; Ama e Atac; buche, sfaldamento delle maggioranze nei Municipi, l’urbanistica che segna richieste risarcimento danni in aumento, non c’è giorno in cui Virginia non finisca sulla graticola mediatica. 
Anche quando, con estrema eleganza, magari solo un filo barocca, rappresenta esteticamente in modo più che ammirevole il Campidoglio alla prima del Teatro dell’Opera (facendo dimenticare le scarpe di qualche predecessore) le critiche non mancano mai. 
Sfortunatamente, a fianco a critiche di tipo estetico, su questa Amministrazione ne grandinano mille altre dovute alla palese inadeguatezza della compagine governativa cittadina che sarà pure “granitica”, come con piglio da Istituto Luce si affannano a ricordare tanto quotidianamente quanto in modo ridicolo alcuni consiglieri comunali, ma sta passando alla storia più per la mozione di riabilitazione del poeta Publio Ovidio Nasone che per la pulizia delle strade.
A testimonianza ulteriore di segnale di debolezza, questo annuncio di Virginia di non ricandidarsi, in genuflesso ossequio alle regole di oggi 5Stelle, derubrica la volontà di rivedere il Piano regolatore, resa nota 48 ore fa, più un messaggio di apertura al mondo dei grandi costruttori che a un’iniziativa seria. 
E, ancora, la telefonata di ieri pomeriggio fra la Raggi e il premier, Paolo Gentiloni, circa la nomina del nuovo Commissario per il rientro dal debito del Campidoglio, difficilmente potrebbe trovare a Palazzo Chigi orecchie favorevoli alla richiesta del Comune di “valutare l’affidamento alla sindaca della Capitale del ruolo di Commissario”, la cui nomina spetta all’Esecutivo.
Ovviamente, l’opposizione è andata immediatamente a nozze: “Non sarebbe comunque stata rieletta, quindi che si ricandidi o no mi pare assolutamente superfluo", per Giorgia Meloni, Matteo SalviniÈ il miglior regalo possibile per i romani", “vista l'attuale condizione di degrado della città un annuncio di dimissioni avrebbe costituito una news ancora migliore” per il capogruppo di Forza Italia in Comune, Davide Bordoni, "La sua fuga conferma il fallimento della giunta", dice la deputata romana Pd Lorenza Bonaccorsi

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