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sabato 22 ottobre 2016
venerdì 21 ottobre 2016
giovedì 13 ottobre 2016
BERDINI, CONSULENZA SCOMODA PER I 5 STELLE
Per
tre giorni abbiamo inseguito l’assessore grillino all’urbanistica Paolo Berdini
per chiedergli di risolverci un rompicapo: una sua consulenza per la
costruzione di case dello studente al campus universitario di Tor Vergata. Case
costruite da una società del Gruppo Caltagirone, holding immobiliare vista
ingiustamente come il fumo negli occhi dal popolo dei cinque stelle.
Che un ingegnere, professionista stimato come Paolo Berdini, abbia delle
collaborazioni nel settore dell’edilizia, è normalissimo. E anche che le abbia
con uno dei più grandi e importanti gruppi del settore come quello di
Caltagirone.
Resta solo il problema, tutto interno al solo partito di Grillo (e
simile alla vicenda del lavoro della Raggi presso lo studio Previti): Berdini
ha comunicato oppure no a Sindaco, Direttorio e Grillo, d’aver avuto a che
fare, direttamente o indirettamente, comunque legittimamente, con una società
orbitante nella holding del costruttore romano? L’interessato (come potete
leggere nell’intervista accanto) si dice all’oscuro di tutto, una brochure
sembra smentirlo, un tecnico conferma la sua versione, un altro no. Un vero
rompicapo.
Anno 2007, la Ingenium Real Estate costruisce di 1500 alloggi per studenti a
Tor Vergata, celebre per essere il simbolo della Raggi per il “no” a Roma 2024.
Il committente è la società Fabrica Immobiliare Sgr, società controllata dal
Gruppo Caltagirone insieme a Monte Paschi di Siena. Fra i crediti inseriti a
fine progetto spicca il nome di Paolo Berdini, all’epoca professore
all’Università di Tor Vergata che lavorò in un
team, guidato dal professor
Silvano Stucchi, con l’architetto Anna Maria Romano e l’ingegner Annamaria
Totaro.
Quest’ultima ricorda: “Sì, la consulenza è consistita nel preparare la parte
urbanistica relativa alla costruzione delle residenze di Ingenium e il
professor Berdini ha coordinato il lavoro”. Berdini sostiene di aver lavorato
solo al piano urbanistico e alcuni anni prima la realizzazione dell’intervento.
Secondo altre fonti, Fabrica Immobiliare fece nel 2007 un investimento in un
fondo di responsabilità sociale (Fondo Aristotele) con soci istituzionali per
acquisire la casa dello Studente di Tor Vergata. Al momento dell’acquisizione
il terreno era dotato della relativa licenza edilizia e tutte le eventuali
attività urbanistiche cui Berdini e il pool dell’Università hanno partecipato,
sarebbero anteriori all’arrivo di Fabrica.
Secondo l’architetto e professore Marco Tamino, però, presidente della
Ingenium, la situazione è diversa. “Erano anni che si parlava di questa
edificazione delle case dello studente che alla fine veniva sempre rimandata
per carenza di fondi. Finalmente, quando sono iniziate le trattative con
Fabrica Immobiliare e Inpdap per i finanziamenti, ci muovemmo per avere anche
la parte urbanistica. Non ricordo di aver lavorato direttamente con il
professor Berdini ma gli accordi fra Università, Fabrica e noi vennero portati
avanti e chiusi più o meno nel 2006. Di certo il piano urbanistico sul quale ha
lavorato il team di Tor Vergata fu elaborato con noi”.
Il progetto prevedeva la realizzazione di 1.500 alloggi, per 55 milioni di euro
di spesa, dentro il campus con “aree che daranno vita alla città dello sport il
cui elemento più significativo sarà il palazzetto dello sport, destinato ad
accogliere i mondiali di nuoto dell’estate del 2009”. Per Berdini, una
consulenza di molto antecedente all’arrivo di Caltagirone o un coordinamento
della parte urbanistica del progetto con il gruppo immobiliare romano già
interessato all’operazione?
Trentanove telefonate in 3 giorni, e tre sole
conversazioni con Paolo Berdini, ingegnere e
assessore all'Urbanistica nella
Giunta Raggi. La prima volta, lunedì 10 ottobre, era "impegnato sull'altra
linea con il prefetto". Promessa "richiamo più tardi". Peggio il
giorno successivo: 26 chiamate, quasi tutte con la laconica risposta della
segreteria telefonica e una sola per udire: "sono in assemblea con il
personale". In mezzo, un sms, un messaggio su whatsapp e uno lasciato in
segreteria telefonica.
Ancor peggio con il portavoce della Raggi: nessuna
risposta al cellulare e, nonostante la doppia spunta blu su whatsapp, non un
cenno di vita.
Ieri, finalmente, Berdini risponde alle nostre domande.
Nel 2007 lei ricorda di aver lavorato a un progetto per le case dello studente
nel campus di Tor Vergata, un progetto di Ingenium Real Estate e Fabrica
Immobiliare Sgr, al quale ha collaborato l’Università di Tor Vergata?
Sul piano particolareggiato.
In cosa era consistita la sua collaborazione a questo progetto?
No, ma non è un progetto. È il piano particolareggiato di assetto
dell’Università di Tor Vergata.
Scusi, Assessore, parliamo del progetto per la realizzazione di case dello
studente al Campus di Tor Vergata: nella brochure la consulenza urbanistica e
progettuale è dell’Università degli Studi di Tor Vergata, prof. Ing., Silvano
Stucchi, ing. Paolo Berdini, architetto Anna Maria Romano e l’ingegner Annamaria
Totaro.
Ah no, no, io non c’entro assolutamente nulla, non sapevo che ci fosse il nome
mio. Se c’è il nome mio è perché io facevo parte del gruppo di lavoro che ha
fatto il piano particolareggiato, ma erano anni precedenti.
Cioè, non era nel 2007?
Era un po’ prima, se ricordo bene, il piano particolareggiato. Se ho tempo
guardo le date, se non ho tempo fate voi.
Scusi, come “facciamo noi”? Queste sono cose delicate
Che cos’è delicato, scusi? Ho fatto parte del progetto e basta.
Nella brochure però è scritto diversamente…
Io le dico, invece, quello che è la verità. Se l’hanno scritto ci sarà stato un
errore, insomma
Abbiamo parlato con l’ingegner Totaro la quale mi ha detto che lei era nel
gruppo di lavoro e che avete lavorato alla sistemazione urbanistica
La Totaro le ha detto la verità, alla sistemazione urbanistica. Io ho fatto
parte del gruppo di lavoro del piano particolareggiato che è differente dalle
case dello studente di cui lei mi ha parlato. Io sulla casa dello studente non
ho fatto nulla, io ho lavorato il piano urbanistico.
Lei sapeva che, quando stava lavorando a questo piano particolareggiato, le
case che sarebbero state costruite sarebbero state realizzate da una società
riconducibile al Gruppo Caltagirone?
Io so che il piano particolareggiato risale ad almeno quattro anni prima, dopo
di che io non faccio più niente. Che tutto quello che avviene a Tor Vergata poi
sia appannaggio di quel Gruppo… lo sa meglio di me
Lei mi sta dicendo che, più o meno, due-tre anni prima, come Università
lavorate al piano particolareggiato, e poi impacchettate tutto e quel che
avviene dopo non vi riguarda?
No perché è un problema amministrativo dell’Ufficio Tecnico di Tor Vergata
mercoledì 5 ottobre 2016
STADIO SENZA TORRI, TRENI E PONTI
Lo Stadio della Roma si farà, ma non più come lo avevamo
ammirato nei plastici e nei prospetti per la stampa: avremo due grattacieli in
meno, nessun nuovo ponte sorgerà sul Tevere e il prolungamento della Metro B
non si farà più. Col risultato che per andare a vedere i giallorossi, i tifosi
– finanche quelli di Decima, Malafede, Torrino più prossimi allo stadio –
avranno una sola strada percorribile dove rimanere imbottigliati: la via del
Mare. Con tanti saluti all’avveniristico progetto del presidente Pallotta e del
costruttore Paransi.
Una rivoluzione urbanistica che il Tempo vi racconta in
esclusiva. Tifosi a parte, gli altri protagonisti della partita potranno dirsi
contenti: l’assessore grillino all’Urbanistica, Paolo Berdini, per aver
ottenuto la riduzione delle cubature; Pallotta e Parnasi perché spenderanno
meno (oltre mezzo miliardo sul miliardo e 650 milioni di euro previsti); si
sistemeranno le torri dell’Eur dove potrebbe andare Unicredit; Telecom
risparmia e potenzierà le sedi di Pomezia, Parco Leonardo e Torpagnotta; e
Cassa Depositi e Prestiti si libererà dell’ingombrante scheletro delle Torri
dell’Eur. C’è un sottile e assai complesso filo rosso che lega la storia delle
Torri dell’Eur con quella dello Stadio di Tor di Valle. L’abbandono del progetto
di fare dei grattacieli vicino il Laghetto il quartier generale di Telecom,
libera una casella nel grande domino dello Stadio. Sembrano storie diverse,
lontane, ma così non è. La seconda mossa di questo risiko urbanistico è quella
del ricorso al Tar contro la decisione di Berdini di revocare il permesso a
costruire all’azienda telefonica. Ricorso che non impedirebbe a Telecom di
sciogliere la società con Cassa Depositi e Prestiti e di lasciare le Torri
dell’Eur al loro destino. Davanti al Tar, però, il rischio è che gli atti della
Giunta Raggi vengano annullati facendo tornare i due palazzi pronti per un
nuovo «inquilino».
IL RUOLO DELLA BANCA
A dar retta ai boatos capitolini
potrebbe essere Unicredit già tirata in ballo per l’acquisizione di una delle
tre torri progettate dall’archistar Daniel Libeskind, che dovevano venir su
accanto allo Stadio come compensazione per le opere pubbliche, da utilizzare
come centro direzionale della banca. Questa compensazione – sempre a dar retta
ai funzionari del Campidoglio – avrebbe permesso al costruttore Luca Parnasi di
fare pari e patta dei circa 500 milioni di euro della sua esposizione debitoria
proprio con il gruppo Unicredit. Il 26 luglio 2016 il vicepresidente della
banca, Paolo Fiorentino, «esce» da Unicredit. Il dirigente non sarebbe stato
solo l’uomo che ha guidato il passaggio del pacchetto azionario dell’As Roma
dai Sensi agli americani, ma anche il riferimento del Gruppo Parnasi dentro
l’Istituto. Il 3 agosto 2016 Unicredit vara un piano di riassetto delle società
del Gruppo Parnasi: con questo atto, di fatto, al costruttore rimangono in mano
alcune aziende. La principale è la Eurnova, proprietaria dei terreni di Tor di
Valle e partner della Roma nell’affaire Stadio. Insistenti indiscrezioni
raccolte da Il Tempo in ambienti capitolini narrano di Unicredit pronta a
«mollare» una delle tre torri dello stadio per traslocare, a costi molto più
bassi, dentro quelle di Ligini all’Eur, che tornerebbero sul mercato qualora il
Tar annullasse gli atti della Giunta Raggi. Tutto questo modificherebbe
sostanzialmente le pre-condizioni economiche dell’affare Stadio. Fino a 6 mesi
fa, Parnasi doveva portare a casa l’impianto come da progetto con le tre torri
tutte intere, visto che una era già «assegnata» a Unicredit. La
ristrutturazione agostana del debito e il «bonus» che Parnasi percepirà dalla
Roma se il progetto verrà approvato in via definitiva avrebbero, di fatto,
«messo in sicurezza» il costruttore. Che, quindi, ora potrebbe sedersi al
tavolo delle trattative con il Comune con maggiore serenità.
IL GIOCO DI BERDINI
L’Assessore grillino, per modificare
il progetto, aveva una sola strada istituzionale: portare una nuova delibera in
Consiglio comunale che cambiasse quella votata sotto Marino, diminuendo le
cubature assegnate ai proponenti. Nelle sue dichiarazioni rese in occasioni
ufficiali e non, Berdini ha sempre fatto fuoco e fiamme contro il progetto
Stadio, definito uno «scempio urbanistico» costruito «in un deserto». Il 29
luglio, gli uffici comunali gli hanno fornito l’arma per sopprimere quello
«scempio» ma lui non ha ritenuto di premere il grilletto: sulla sua scrivania è
arrivata una relazione (prot. 141124/2016) letta da Il Tempo, in cui si mette
nero su bianco che il progetto non rispetta i dettami della delibera di
pubblico interesse. Quale occasione migliore per bloccare tutto rispedendo il
dossier al mittente? Eppure Berdini non ha approfittato di un rigore a porta
vuota. Sarebbe interessante capire perché. Sicuramente le vicende Olimpiadi,
Torri dell’Eur e Fiera di Roma avrebbero reso difficile per la Raggi esprimere
un altro «no» anche allo Stadio, dato che i tifosi non guardano tanto al voto
espresso nelle urne ma al colore della maglia. Inoltre, il rischio di esporre
il Campidoglio a una causa di risarcimento miliardaria – già ventilata nei mesi
scorsi da ambienti romanisti – era troppo elevato. Però, a pagina 21 della
relazione firmata dall’architetto Vittoria Crisostomi (la stessa che
rappresenta il Comune in Conferenza di Servizi), si scrive che il progetto, nel
calcolo della Superficie Utile Lorda, chiamata Sul (ovvero il parametro sul
quale si calcola lo sviluppo in termini di cubature che un terreno può avere)
non rispetta le norme e soprattutto viola le prescrizioni contenute nella
delibera di pubblico interesse. Ma Berdini, come detto, ha preferito spedire il
dossier in Regione dove si è aperta la pratica nella Conferenza di Servizi.
L’ok finale alle nuove condizioni sarebbe per Berdini un gran risultato che gli
eviterebbe critiche sia dai tifosi grillini che dai romanisti.
I PILASTRI
Tre sono, secondo quanto si apprende, i
pilastri sui quali Berdini dovrebbe basarsi per ottenere la cancellazione di
due torri su tre. Il primo sono i calcoli per la «Sul». Il secondo è il
problema dei parcheggi. Il terzo, il ponte carrabile sul Tevere a Parco de’
Medici con annessa strada di collegamento fra questo e l’asse via del
Mare/Ostiense. Per quanto riguarda le cubature, già quando venne presentata la
bozza di progetto a giugno 2015, gli uffici capitolini ravvisarono una serie di
errori macroscopici. E anche nel dossier definitivo di maggio 2016, secondo la
stessa «relazione Crisostomi», ci sono nuovi errori: i progettisti hanno
escluso dal calcolo della «Sul» tutta una serie di elementi, come «serre, locali
tecnici, spazi interamente chiusi come gli androni», lasciando dentro solo
quelli che producono utili. Questi errori fecero infuriare Pallotta e costarono
la poltrona al responsabile del progetto Mark Pannes che, a dicembre 2015,
venne sostituito da David Ginsberg e i proponenti chiesero a tutti i tecnici di
ricalcolare esattamente la «Sul».
ABBAGLI E PARCHEGGI
Le imprecisioni che vengono ravvisate
dagli uffici comunali anche nella versione 2016 del progetto potrebbero portare
a una revisione dei metri cubi e, di conseguenza, a una riduzione del cemento
rispetto al progetto presentato. Secondo paletto: i parcheggi. Sarebbero
insufficienti, secondo gli uffici, a garantire il rispetto delle norme per la
parte stadio e per l’area commerciale. La nuova Tor di Valle, infatti, deve
essere considerata anche come una zona commerciale e, quindi, avere dei posti
auto dedicati: non si può evitare una potenziale sovrapposizione fra chi va
allo Stadio per una partita che si giochi in contemporanea all’orario di apertura
dei negozi e chi invece vuole andare a fare shopping nei centri all’interno
dell’impianto. Il risultato, perciò, dovrebbe essere un aumento della
superficie da dedicare ai parcheggi. Che, per compensare, verrebbero affidati
nella gestione e negli incassi ai proponenti (Pallotta e Parnasi) cambiando
l’attuale delibera che prevede i posti auto come opera compresa fra quelle
obbligatorie per legge (a standard) e non tra quelle di pubblico interesse. Ma
c’è di più. Si potrebbe aprire anche un potenziale contenzioso: per assegnare
la gestione di un servizio come i parcheggi occorre una gara d’appalto e non un
affidamento diretto.
IL PONTE NON C’È PIU
Il terzo passaggio che potrebbe
essere tentato dal Campidoglio per ridurre le cubature date in compensazione
alla Roma è contemporaneamente il più delicato e il più impattante. Ed è la
cancellazione del ponte carrabile sul Tevere con svincolo sulla Roma-Fiumicino
e con la strada di collegamento con Stadio e via del Mare/Ostiense. Il
risultato composto di questi tre pilastri, quindi, diviene una variazione
enorme della cubatura data a compensazione ma anche una altrettanto enorme
riduzione delle opere sulle quali si basa non solo l’interesse sportivo della
As Roma ma l’interesse pubblico della città: almeno due torri potrebbero andar
via. Con un risparmio per il duo Parnasi-Pallotta, fra costo delle due torri e
quello del ponte, che supera il mezzo miliardo di euro e una diminuzione del
valore delle opere pubbliche che scendono da 445 milioni di euro a 340.
Tutto questo valzer verrebbe fatto in
Conferenza di Servizi e «reggerebbe» ad una sola condizione: l’accordo del
Campidoglio con il presidente americano e il costruttore romano. Se Pallotta e
Parnasi si opponessero in sede giudiziale chiedendo il rispetto della delibera
di pubblico interesse del 2014 e dei suoi «paletti», Berdini potrebbe trovarsi
in difficoltà. Ma l’intera operazione fra Torri dell’Eur e Unicredit muterebbe
in modo fondamentale il quadro economico. A nessuno, a questo punto,
converrebbe irrigidirsi. Soprattutto ai «proponenti» che non trarrebbero più
giovamento da un progetto divenuto troppo ingombrante e poco vendibile. Non
sarebbe più nell’interesse di Eurnova, qualora Unicredit «mollasse» davvero il
presunto acquisto di una delle torri di Tor di Valle, spingere per la conferma
complessiva del progetto. Da bravo imprenditore, Parnasi è uomo abituato a
trattare e nulla fa ipotizzare una sua resistenza a questo nuovo assetto. Dal
lato As Roma – contattata da Il Tempo – il discorso si rivela molto semplice:
lasciateci fare la parte sportiva del complesso, a partire dallo Stadio, se poi
spendiamo di meno, siamo più contenti. In Conferenza di Servizi, quindi, questi
possibili nuovi accordi verrebbero fatti passare per prescrizioni e inseriti in
variante. Se tutto quello che abbiamo fin qui rivelato dovesse verificarsi per
Berdini sarebbe l’apoteosi: andando in Consiglio comunale, l’assessore farebbe
votare all’Aula una variante che riscriverebbe anche parzialmente la delibera
Marino, prendendo atto che sono intervenute delle modifiche accettate da tutte
le parti. E il gioco è fatto.