Mauro Baldissoni, direttore generale della Roma, aggiusta un po’ il tiro dopo le dichiarazioni di ieri – riassumibili in un “siamo pronti a far causa se il Comune cambierà le carte in tavola” – e dice in una nota diffusa alle agenzie: “lo stadio non è per noi argomento di campagna elettorale ho usato anche un gioco di parole - probabilmente infelice – per dire che l'iter autorizzativo politico è esaurito, come lo sarebbe il candidato che volesse riaprirlo perché correrebbe il rischio di esporre il Comune ad azioni risarcitorie”. Aggiungendo di aver voluto “spiegare le conseguenze tecniche e giuridiche di un eventuale annullamento del progetto.”. Punto primo. Secondo: “non abbiamo ritenuto di dover incontrare i candidati, ma saremo felici di spiegare il progetto a chiunque verrà eletto, certi che abbraccerà un'iniziativa così qualificata e importante per l'intera città. Non sono mai entrato nel dibattito politico e mi dispiace se le mie parole vengono strumentalizzate a pochi giorni dal voto”. E, infine: “è legittimo e normale che in questa fase i candidati possano non conoscere a fondo un progetto così complesso, ma sono sicuro che una volta saliti in Campidoglio faranno di tutto per impegnarsi, anche con il nostro contributo, al rilancio della città”.
Dopo una mattinata di annunci, nel primo pomeriggio la candidata Sindaco dei 5Stelle, Virginia Raggi, ha fatto sentire la sua voce attraverso un video postato su facebook: “Ho visto qualche cartello circolare sui social in base al quale io sarei contro lo stadio della Roma. Qui il dibattito non è tra Roma e la Roma. Qui il dibattito è tra la città di Roma e una società americana che legittimamente vuole investire all'interno della nostra città. Quindi quello che noi diciamo e diremo a chiunque è che gli investimenti vanno fatti purché si rispetti la norma. In particolare, sullo stadio ho sempre detto che per me tanto la Roma quanto la Lazio hanno diritto ad avere uno stadio. Tuttavia questo stadio deve rispettare la legge e le norme del piano regolatore generale perché questi due criteri non si possono accendere e spegnere ad uso e consumo di chi governa. Per noi questi sono due principi fondamentali che vanno rispettati in ogni caso, anche in questo caso".
Che è un po’ un dire e non dire dato che appare difficile credere che, fino a oggi, su tutto l’iter si siano violate le leggi.
In mezzo, anche una dichiarazione, resa a Radio Radio, dall’assessore all’Urbanistica della Regione, Michele Civita, che ha parlato di un nuovo passaggio in Consiglio Comunale per l’approvazione della variante urbanistica.
In realtà, la delibera del 2014 esprime il pubblico interesse e lo condiziona a una serie di opere pubbliche, autorizzando il rappresentante di Roma Capitale a dire “sì” in Conferenza a un progetto che preveda una variante urbanistica fino a un massimo di 354 mila mq di edificato. Secondo passaggio: si dovrà sottoscrivere la convenzione urbanistica come approvata dall'Assemblea Capitolina. A quel punto, conclusa la Conferenza, la Regione approverà il progetto con delibera di Giunta regionale che ha valore di variante. Se il prossimo Sindaco vorrà interrompere il percorso deve andare subito in Assemblea Capitolina e ritirare l'autorizzazione al suo rappresentante a dire “sì” alla variante e ritirare il pubblico interesse, motivando questo cambiamento in modo tecnicamente e giuridicamente inattaccabile.
E la Roma chiederà comunque i danni.
Se invece lo stop avvenisse perché in Assemblea non venisse approvato lo schema di convenzione e la variante, la Roma potrà chiedere i danni e anche un pezzo di Campidoglio.
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