Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, interviene in diretta a Radioradio.
Poco dopo i saluti di rito e la pletora un po' ridondante di ringraziamenti, si entra nel vivo.
Il conduttore, Francesco Vergovich, domanda al Sindaco un commento sul Protocollo di Intesa che Roma Capitale e Comando provinciale della Guardia di Finanza, hanno siglato, il 20 gennaio, per il controllo sull'assegnazione delle case popolari, su chi riceve sussidi economici, sull'evasione dei tributi.
Vergovich chiede a Marino quali saranno gli effetti di questo Protocollo.
E il buon Sindaco - che evidentemente non è stato pienamente preparato dai suoi - si affretta a metter cappello su una vicenda che non c'entra assolutamente nulla con il Protocollo, quella dell'inchiesta sulla Armellini.
Il nome non lo cita, ovviamente, ma il riferimento è chiaro: E il buon Sindaco - che evidentemente non è stato pienamente preparato dai suoi - si affretta a metter cappello su una vicenda che non c'entra assolutamente nulla con il Protocollo, quella dell'inchiesta sulla Armellini.
Peccato, però, che l'inchiesta sulla Armellini - che, tra parentesi, dovrà ancora essere giudicata prima che possa definirsi colpevole e, quindi, parlare di evasione - sia di un anno e mezzo fa.
Più palese di così: il Protocollo con la Finanza non c'entra assolutamente nulla, né avrebbe potuto entrarci, dato che è stato firmato il giorno prima. E dato che Marino è in carica da 7 mesi!
Ora, una riflessione: la politica ci ha spesso abituati a che non importa ciò che si è fatto ma ciò che si riesce a credere si sia fatto.
Ma questa è la dimostrazione più palese di due cose: Marino, a quanto pare, non sembra essere sempre perfettamente a conoscenza di ciò di cui parla o - cosa ancor più grave - di ciò che firma.
Oggi, parla di un Protocollo, da lui firmato, senza sapere che sta dicendo una inesattezza. Ma altre prove, se fosse necessario, la ritroviamo nelle roboanti dichiarazioni e successive altrettanto roboanti marce indietro sulle nomine di Comandante dei Vigili e di capo dell'Ama.
Ma la seconda, più triste, è che quando sei costretto ad appropriarti in modo così vergognosamente palese di ciò che altri hanno fatto è perché sei perfettamente conscio e consapevole di non aver fatto nulla, di non aver nulla prodotto.
Di essere - per dirla con Sciascia - non un uomo, nemmeno un ominicchio. Ma un quaquaraqua.
E ti fai bello con le penne del pavone.
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