Su esposto presentato dall'architetto Francesco Sanvitto,
assistito dall'avvocato Edoardo Mobrici, il Giudice per le Indagini preliminari
ha respinto la richiesta di archiviazione proposta dalla Procura nei confronti
del sindaco, Virginia Raggi, per il reato d'abuso d'ufficio.
L’ABUSO D’UFFICIO
Il primo passaggio è capo d’imputazione nei confronti
del sindaco, Virginia Raggi: l’abuso d’ufficio.
Questo è disciplinato dall’articolo 323 del codice
penale.
1. Salvo che il fatto
non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di
pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in
violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in
presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi
prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio
patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la
reclusione da uno a quattro anni.
2. La pena è aumentata
nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante
gravità.
Gli elementi di base del reato sono:
A. essere un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico
servizio
B. compiere il reato nell’esercizio delle funzioni
C. compiere il reato violando una legge o
un regolamento procurando intenzionalmente un ingiusto
vantaggio patrimoniale per sé oppure arrecando un danno ingiusto
Due riforme - legge 86/90 e legge 234/97 - hanno apportato sensibili modifiche
alla norma rendendola più concreta: in sintesi, il reato si compie quando le
condotte messe in atto dal pubblico ufficiale nell’esercizio del proprio dovere
procurano intenzionalmente un danno ingiusto o un ingiusto vantaggio. Insomma,
non basta un atto contrario in qualche modo ai doveri d’ufficio a
prefigurare il reato ma occorre che questo abbia effetti
economici/patrimoniali.
Tralasciando l’immensa produzione giurisprudenziale in merito al
vantaggio/danno economico, un elemento - richiamato anche dallo stesso Gip
nella sua ordinanza - è il concetto dell’intenzionalità,
vale a dire quel richiamo, espresso nell’articolo 323, in cui si fa menzione
del “procurare
intenzionalmente” da parte del pubblico ufficiale l’ingiusto
vantaggio/danno. Quello che, in termini giuridici, viene chiamato “elemento
soggettivo” del reato.
Scrive il Gip: “udite le conclusioni formulate dalle parti all’udienza
del 26.2.19; rilevato che il Pubblico Ministero, nella sua richiesta di
archiviazione, ha fatto riferimento all’insussistenza dell’elemento soggettivo,
con particolare riguardo alla necessaria intenzionalità del dolo che è previsto
in tema di abuso d’ufficio;”
ovvero: la Procura chiede l’archiviazione
perché a suo giudizio manca del tutto l’elemento soggettivo: la Raggi non
ha intenzionalmente procurato a Parnasi un ingiusto vantaggio economico
(traslando il caso dall’astratto al concreto).
La norma (legge 234/97) prevede che il pubblico
ufficiale debba commettere intenzionalmente il reato: in questo modo
divengono penalmente perseguibili solo quelle condotte con un grado
certo di partecipazione da parte del pubblico ufficiale che, quindi,
deve agire in modo specifico per procurare l’ingiusto
vantaggio/svantaggio.
Nel caso specifico: la Raggi avrebbe dovuto lei personalmente
assumere con intenzionalità la decisione di non procedere a un primo voto di
adozione in Aula del verbale della Conferenza di Servizi al fine specifico di
procurare un ingiusto vantaggio economico a Parnasi.
Infatti, il Gip aggiunge al successivo
capoverso: "occorre approfondire da
un lato la sussistenza e le eventuali ragioni di
una evidente violazione di legge che, laddove ravvisata, supererebbero le
argomentazioni del magistrato inquirente in tema di dolo intenzionale”. Ovvero: qualcuno deve “ravvisare” se
esiste (sussistenza) e perché (le eventuali ragioni) di una evidente
violazione di legge. Ora, da un punto di vista meramente logico, se è
evidente la violazione di legge la questione è chi dovrebbe ravvisarla?
Va evidenziato come la questione Tor di Valle si basi
sull'applicazione del combinato disposto quanto meno delle seguenti
leggi: 147/2013, 96/2017, 1150/1942 e,
in più, dello Statuto di Roma Capitale, del Regolamento di
Roma Capitale, Regolamento sul Decentramento amministrativo e Regolamento
dei Municipi (il IX lo ha adottato).
IL COMUNE: ITER ANCORA IN CORSO
Il combinato disposto di queste norme, secondo gli
uffici comunali, comporta banalmente che l'iter sia ancora in fase di
svolgimento e non ancora giunto ai pareri dei Municipi che precedono il voto in
Aula Giulio Cesare.
Perché il procedimento di variante,
secondo gli uffici tecnici comunali, non è ancora giunto nella fase di
discussione? Era necessario un primo passaggio in Aula, come l’esposto Sanvitto
vorrebbe?
Scrive il Direttore del Dipartimento
Urbanistica a proposito del medesimo punto sollevato da Sanvitto e
ripreso dai consiglieri Grancio e Fassina nella loro proposta di delibera
consiliare:
"Relativamente a quanto osservato
circa la procedura di approvazione della Variante urbanistica è doveroso
fornire chiarimenti sull’iter procedurale tenuto conto
della inesatta interpretazione degli
atti e della normativa di riferimento. L’articolo 62 comma 2bis del D. Lgs 50/2017 stabilisce che “il verbale
conclusivo della Conferenza di servizi
decisoria costituisce, ove necessario, adozione
di variante ed è trasmesso al sindaco
che lo sottopone all’approvazione del
consiglio comunale nella prima seduta utile".
Segue il riepilogo degli atti: Determinazione della
Regione di chiusura della Conferenza, nota di trasmissione del verbale al
Comune e via dicendo.
"Per effetto del combinato disposto
dell’articolo 62 comma 2bis D Lgs 50/2017 convertito con modificazioni dalla
legge 96/2017 e dalla legge 1150/1942, l’Amministrazione ha proceduto alla
pubblicazione dell’avviso di adozione della variante urbanistica al PRG. Nello
specifico - prosegue il Direttore del Dipartimento Urbanistica - si
evidenzia che la norma stabilisce nell’ipotesi di impianti sportivi privati che
il verbale conclusivo della Conferenza di Servizi decisoria costituisca, ove
necessario, adozione di variante allo strumento urbanistico comunale in deroga,
dunque, alla norma ordinaria che attribuisce al Consiglio comunale tale
competenza e prosegue poi prescrivendo la trasmissione di tale verbale al
Sindaco “che lo sottopone all’approvazione del Consiglio comunale nella prima
seduta utile. A tal proposito è importante chiarire che la norma fa riferimento alla “prima seduta utile” del Consiglio comunale
e non alla prima effettiva in termini temporali
del Consiglio comunale. Il legislatore, infatti, a garanzia del rispetto della fase pubblicistica e nel rispetto dei
principi costituzionali di buon andamento dell’azione amministrativa e in
particolare di tutti i principi che ne derivano, compreso il principio della
partecipazione e della trasparenza dell’azione amministrativa, ha voluto
contingentare i tempi della fase immediatamente successiva la pubblicazione (30
giorni) e di trasmissione delle osservazioni/opposizioni (ulteriori 30 giorni)
a tutela dello spirito fondante della legge speciale 147/2013".
C’è anche un secondo passaggio, connesso con il primo,
e che attiene all’adeguamento delle carte progettuali, il presunto “favore economico” incassato da Parnasi
con l’abuso d’ufficio che viene contestato al Sindaco.
Scrive il Dipartimento Urbanistica: "In merito a quanto osservato circa il
mancato adeguamento del progetto alle prescrizioni/osservazioni formulate nella
Conferenza di Servizi e alla mancata verifica di tali adeguamenti da parte
dell’Assemblea Capitolina, si rappresenta quanto segue. L’acquisizione
da parte dell’Amministrazione degli elaborati progettuali adeguati dal
proponente alle osservazioni e prescrizioni formalizzate durante le sedute
della Conferenza di Servizi e nei relativi Pareri Unici da parte di tutti gli
enti partecipanti e la conseguente verifica dei suddetti adeguamenti avverrà, su
formale richiesta dell’Amministrazione, ad esito
delle controdeduzioni alle pervenute osservazioni relative alla
variante urbanistica e agli avvisi inerenti l’avvio del procedimento
espropriativo. Si chiarisce infatti che nell’ipotesi di accoglimento di
eventuali osservazioni/opposizioni relative alla variante o connessi agli
espropri, alcuni degli elaborati potrebbero subire ulteriori integrazioni
prescrittive. Pertanto la separazione due diversi adeguamenti
progettuali, l’uno scaturente dal recepimento delle prescrizioni della
conferenza di servizi l’altro dall'accoglimento delle osservazioni di variante
urbanistica o connesse agli espropri, comporterebbe inevitabilmente un aggravio della procedura operativa del
progetto in oggetto, in spregio allo spirito di semplificazione della legge
speciale 147/2013”.
HA RAGIONE IL COMUNE?
Qui si entra nel punto: non esiste giurisprudenza in materia.
Quindi, qualunque interpretazione delle norme, purché non sia palesemente
fantasiosa, potrebbe essere corretta. Quanto meno: è corretta fino a che non
interverrà una pronuncia della magistratura amministrativa ad essere faro guida. Ma il Tar e, poi, il Consiglio di
Stato non intervengono in via preventiva ma solo dietro presentazione
di ricorsi. Che, com’è noto, hanno un costo parametrato al
valore della controversia. Se questo valore supera il milione di euro, il
contributo di base è di 6mila euro. Al contrario, gli esposti in Procura sono
gratuiti…
Detto questo, quindi, per districarsi nella giungla di
norme e regolamenti, più che altro occorrerebbero sentenze
giurisprudenziali amministrative. Ecco, infatti, che il Gip, saggiamente,
inserisce nella sua ordinanza il “laddove ravvisata”.
Tuttavia, lo stesso Giudice per le Indagini
preliminari chiede alla Procura di proseguire nelle indagini per accertare
quella che il Gip ritiene essere una evidente violazione di legge in grado, se,
appunto, accertata, di “superare le argomentazioni” del Pm. In sintesi: sarebbe così grave la
violazione delle norme che anche l’assenza dell’intenzionalità dell’atto da
parte del Sindaco potrebbe essere superata. Una interpretazione giuridica,
diciamo, innovativa…
Proprio il combinato disposto delle norme sopra
citate, secondo il Comune, chiarisce in maniere inequivocabile due fatti:
1. il procedimento non è affatto concluso e,
quindi, non vi è stato alcun vantaggio economico già concesso a Parnasi, visto
che nei Municipi e, poi, in Aula, la variante urbanistica ancora deve andarci
2. Se il procedimento è ancora in corso, non vi può
essere stata neanche l’”evidente violazione di legge” ipotizzata dal Gip
Vi è un terzo passaggio, incidentale: il vantaggio patrimoniale nei
confronti di Parnasi, ancorché provocato con o senza intenzione da parte della
Raggi, all’interno di un progetto del valore di minimo 800milioni di
euro, in cosa si sostanzia?
Nell'ipotesi - da qualcuno avanzata - che Parnasi abbia potuto "risparmiare" del tempo passando una sola volta in Consiglio Comunale?
Sarebbe un favore ben strano data la quantità di mesi persi e il rischio, qualora si fosse adottato in Consiglio il verbale come variante senza pubblicazione e osservazioni, di consegnare a Parnasi un diritto a costruire sancito dal Consiglio comunale cosa che, invece, non è ancora avvenuta proprio grazie al passaggio della pubblicazione degli atti.
Oppure, questo presunto vantaggio patrimoniale si sostanzierebbe nel rifare, qualora necessario, una volta sola
invece che due un certo numero di tavole dal costo, proporzionalmente,
irrisorio di fronte a un progetto da 800milioni di euro?
La Conferenza di Servizi, infatti, ha già espresso il
suo parere con il verbale e i proponenti dovranno comunque adeguare la
progettazione delle opere di pubblico interesse entro le gare
d’appalto e di quelle private entro la progettazione
esecutiva.
Manca, a questo computo, ciò che potrebbe o non
potrebbe uscire fuori dalle osservazioni presentate da
cittadini e comitati alla variante urbanistica che ancora deve giungere in
Aula per il voto. E, pertanto, non sappiamo ancora neanche se e
quante di queste osservazioni saranno accolte. Sappiamo quante sono: 60,
alcune delle quali multiple, ma che, anche venissero accolte tutte,
porterebbero a ridisegnare un centinaio di tavole, duecento, su oltre
5mila…
Il Gip poi prosegue argomentando circa la necessità di “fare luce sul tema della mancata convocazione ed acquisizione del parere
sulla commissione urbanistica nell’iter per l’approvazione della delibera,
anche attraverso l’audizione del Presidente della Commissione Urbanistica e del
Consigliere comunale indicati dall’opponente”.
Ora, tralasciando l’evidente errore materiale che
attribuisce a Paolo Barros la qualifica di consigliere comunale quando si tratta,
in realtà, di Consigliere del IX Municipio, occorre partire da due
questioni.
La prima, di merito.
Se l’iter della variante. come sostengono gli uffici tecnici del Comune, non è ancora
giunto ai passaggi antecedenti il voto d’Aula - passaggi che includono i
Municipi - è ovvio che il IX Municipio
non sia stato interpellato sulla variante stessa, né come Commissioni né
come Aula.
La seconda questione è di metodo: il Municipio è
chiamato ad esprimere pareri obbligatori ma non vincolanti. Si tratta
dell’articolo 6 del Regolamento del Decentramento amministrativo che
impone l’espressione obbligatoria di pareri ai Municipi per una serie di
materia: Statuto, bilancio, urbanistica e via dicendo.
Tuttavia, lo stesso articolo 6, al comma 6 dispone che
“decorsi i termini (30 giorni) senza che il parere sia
stato comunicato, gli organi comunali adottano il provvedimento indipendentemente
dall’acquisizione del parere stesso” e, al comma 7, si afferma che il “Consiglio comunale può deliberare in modo difforme con idonea motivazione”. Ovvero, i pareri non
solo non sono vincolanti ma esiste solo l’obbligo da parte
degli organi centrali di sottoporre i provvedimenti ai pareri dei Municipi ma non pone in capo ai Municipi stessi l’obbligo di
esprimersi.
Premesso, quindi, questo, appare evidente come non
solo l’iter stesso semplicemente non sia giunto ancora alla espressione dei
pareri dei Municipi, ma che questi pareri hanno comunque un valore pressoché
limitato e formale, potendo non essere espressi o anche essere ignorati dagli
organi centrali.
Tutto ciò, quindi, fa apparire quanto meno
superflua l’audizione presso la Procura di due Consiglieri municipali. E questo senza entrare nel merito che si tratta di due esponenti politici contrari al progetto dal che - per quanto la richiesta di loro audizione, sia stata presentata dall'opponente la proposta di archiviazione decisa dal Pm - è facile attendersi posizioni contrarie al progetto. Purtroppo - come dimostra la vicenda del voto non valido espresso sulla proposta Grancio/Fassina proprio dal IX Municipio - forse non si tratta esattamente di due esperti di diritto amministrativo, procedure e regolamenti!
CONCLUSIONE
La posizione del Comune, dunque, appare decisamente
chiara:
l’iter non è ancora giunto nella fase di esame dei Municipi e del Consiglio
comunale dovendo prima passare per la pubblicazione degli atti della variante,
cosa avvenuta, e il recepimento delle osservazioni cui far seguire le
controdeduzioni degli uffici.
Se questa interpretazione delle norme da parte degli
uffici comunali fosse erronea, sarebbe spettanza della magistratura
amministrativa stabilirlo. Resterebbe a quel punto aperta la questione
se l’eventuale vantaggio economico sia stato intenzionalmente perseguito dal
Sindaco, pubblico ufficiale, configurando così il reato di abuso d’ufficio.
Oppure no.